sabato 21 maggio 2011

Lo scudetto del collettivo

E’ il primo trionfo del giovane Massimiliano Allegri, l'allievo di Giovanni Galeone. Il 18esimo tricolore del Milan è figlio della campagna acquisti del Diavolo, quella dell'arrivo di Ibrahimovic e Robinho nelle ultime ore della campagna trasferimenti di agosto. Ma anche dei “rincalzi di lusso” di gennaio, vale a dire Cassano e Van Bommel. Ma lo scudetto che consente l'aggancio ai “cugini” nerazzurri passerà alla storia non come quello “dominato” dai fenomeni, ma come quello vinto a prescindere dai campioni; vinto anche in assenza di Ibrahimovic, per due volte in stagione squalificato per tre giornate. E in mancanza di Pato, troppo spesso appiedato dagli infortuni. In loro assenza ci ha pensato di volta in volta un protagonista diverso. 
Lo “sciagurato” Robinho, per esempio, che nonostante le decine di reti divorate a un centimetro dalla porta ha avuto la costanza di andare in doppia cifra. Poi Cassano che è diventato la chiave preferita dall'allenatore per scardinare i finali di partita complicati. Ma Allegri è stato bravo e intelligente nel plasmare una squadra solida. Che a lungo ha schierato con tre mediani, ovviando alle assenze infinite di Pirlo. Con la vera sorpresa della stagione, il ghanese Boateng, schierato nei centrali in mezzo al campo oppure dietro le punte. Sempre decisivo il Principe. Un titolo che è stato ricamato nella parte finale della stagione dal talento immenso di Seedorf, troppo presto dato per finito. Senza dimenticare la legna portata alla causa in quantità da Ambrosini e Gattuso, sostituiti comunque senza rimpianti da Van Bommel e Flamini. 
La vera chiave del successo rossonero è stata la difesa, la migliore del campionato. Con Nesta vittima di qualche acciacco di troppo davanti al sempre puntuale Abbiati la baracca l'ha tenuta in piedi Thiago Silva, il valore aggiunto del Milan. E al suo fianco, nonostante le ironie estive, il vecchio Yepes si è ritagliato un ruolo importante. Sulle fasce risulta decisivo l'apporto di corsa e gioventù di Abate e Antonini. Non i migliori terzini su piazza, ma due giovani cresciuti alla scuola del Diavolo e riportati all'ovile dopo tanto girovagare. E lo zampino ce l'hanno messo anche altri due rincalzi dati per finiti, ma decisivi una volta in campo, come Zambrotta e Oddo. Quando per ricordare un'annata tricolore si citano 20 giocatori bisogna mettere davanti a tutti il gruppo. Trainato da un condottiero giovane, ma all'altezza di certi palcoscenici.


Salvatore Viteritti

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